Diabete tipo 1: pazienti sempre più hi-tech, il 17% usa un microinfusore

Dispositivi che consentono il monitoraggio in “real time” del glucosio: il mondo del diabete di tipo 1 è in piena rivoluzione hi-tech

Cresce in Italia l’utilizzo di tecnologie avanzate per la gestione del diabete di tipo 1 (DM1). Secondo l’ultima rilevazione degli Annali AMD su oltre 33.000 pazienti con DM1 seguiti nei servizi di diabetologia del nostro Paese, il 17% utilizza un microinfusore; un incremento notevole rispetto al 2016 quando a farlo era solo il 12%, e che ci avvicina alla media europea del 20%. Di grande importanza è stata l’introduzione dei dispositivi per il monitoraggio in continuo della glicemia (GCM) e molti passi avanti sono stati fatti sulla strada verso il “Pancreas Artificiale” (AP). Su tutto questo fanno il punto gli esperti riuniti in occasione del 22° Congresso Nazionale dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD), in corso a Padova fino a sabato 30 novembre.

“La tecnologia per la cura del diabete è stata rivoluzionata dal monitoraggio in continuo del glucosio sottocutaneo, che guida il paziente in ‘real time’ nelle scelte terapeutiche e si adatta meglio allo stile di vita di ciascuno”, afferma Letizia Tomaselli, Coordinatore del Gruppo intersocietario AMD-SID-SIEDP “Tecnologia e diabete”. “A ciò si aggiungono i primi sistemi a circuito chiuso (sistemi “ibridi” o “closed loop”, ovvero il cosiddetto pancreas artificiale): dispositivi che non solo tengono traccia delle variazioni nei livelli di glicemia grazie al sensore, ma sono anche in grado di calcolare, tramite algoritmi, la quantità di insulina necessaria per tenere il paziente ‘in target’ e di erogare, tramite i microinfusori, l’insulina in modo automatico e personalizzato, offrendo un grado di automazione sempre più appropriato”.

“Oggi nel nostro Paese è disponibile un modello di pancreas artificiale ibrido, che può migliorare molto il controllo glicemico, a patto che il paziente venga ben ‘educato’ al suo utilizzo e reso consapevole del fatto che il sistema non fa ‘tutto da solo’ ma richiede il suo intervento, soprattutto al momento del pasto per indicare la quota di carboidrati che verranno assunti o per gestire eventuali allarmi/avvisi del sistema stesso”, spiega Daniela Bruttomesso, dirigente medico di primo livello dell’Azienda Ospedaliera di Padova. “Nei prossimi 2-3 anni sono in arrivo ulteriori modelli, sempre più evoluti: uno di questi, ad esempio, avrà un sensore sostitutivo dell’autocontrollo glicemico domiciliare e un algoritmo più avanzato, un altro avrà come microinfusore una patch, e sarà quindi senza catetere. C’è grande fermento su questo fronte, molte aziende ci stanno lavorando e un giorno potremo scegliere il pancreas artificiale più adatto al singolo soggetto. Nel frattempo, alcuni pazienti particolarmente avvezzi all’utilizzo delle tecnologie informatiche, alcuni anche in Italia, hanno già iniziato a costruirsi il proprio sistema personalizzato, utilizzando pompe e sensori di aziende diverse, messi in comunicazione tramite algoritmi scaricati online: è la community dei cosiddetti ‘Do-It-Youself’. Si tratta di sistemi non autorizzati, sicuramente non adatti a tutti, che la comunità scientifica però non può ignorare, ma al contrario deve cercare di gestire per garantire la sicurezza dei pazienti”.

“JDRF e la community DIY sono riuscite a far sì che FDA introducesse la designazione di ‘interoperabile’, riferita per ora ai soli microinfusori e ai sensori prodotti da aziende diverse in grado di dialogare tra loro, per facilitare la creazione di sistemi di pancreas artificiale”, illustra Claudio Cobelli, professore di bioingegneria presso l’Università di Padova. “Ma la questione non è ancora definita dal punto di vista legale in caso di eventi avversi: chi se ne assume la responsabilità? È una situazione analoga a quella della macchina a guida autonoma, la tecnologia è abbastanza matura ma se c’è un incidente cosa succede? Il fenomeno DIY sta comunque generando molti studi. Ad esempio, il nostro gruppo dell’Università di Padova e Pavia, in collaborazione con i colleghi dell’Università di Praga, ha condotto un’indagine volta a testare l’algoritmo Android Aps, molto utilizzato dalla community DIY europea. Lo studio, che è stato appena accettato per la pubblicazione sulla rivista Diabetes Technology & Therapeutics, ha dimostrato in simulazione l’efficacia e la sicurezza dell’algoritmo”.

“Il mondo del diabete tipo 1 è interessato da molte novità, non solo per quanto riguarda la tecnologia ma anche sul fronte della terapia farmacologica. A questo proposito AMD ha recentemente elaborato un sondaggio anonimo on-line sulla prescrizione degli inibitori SGLT-2 inibitori (SGLT-2i) a pazienti con DM1”, evidenzia Giuliana La Penna, Coordinatore del Gruppo di Studio AMD Diabete tipo 1 e Transizione. “I risultati dello studio hanno confermato che questi farmaci possono essere molto utili in pazienti con controllo glicemico subottimale, con necessità di perdere peso e ridurre il fabbisogno insulinico, ma lo specialista deve essere particolarmente attento nel fornire al paziente tutte le opportune raccomandazioni legate all’utilizzo di questi medicinali”.

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