In Italia, ogni anno, 1 gravidanza su 10 “complicata” dal diabete

Se ne parla in questi giorni a Firenze, in occasione del Simposio Internazionale DIP su diabete, ipertensione e sindrome metabolica durante la gestazione

Nel nostro Paese, su circa 500.000 gravidanze all’anno, 50.000 sono accompagnate dal diabete, che può essere pre-gestazionale, ossia già presente nella donna prima che questa rimanga incinta, o gestazionale (GDM), quello che fa la sua comparsa proprio nel corso della gravidanza. Ma gestire il problema e prevenire anomalie, complicanze e il ricorso al parto cesareo è possibile, programmando il concepimento e il controllo metabolico in modo costante e accurato, soprattutto nei primi mesi di gestazione. È questo il messaggio che l’Associazione Medici Diabetologi ribadisce in occasione del X Simposio Internazionale DIP su diabete, ipertensione e sindrome metabolica durante la gestazione, in corso a Firenze dal 29 maggio al 1° giugno. L’evento, summit di esperti provenienti da 73 Paesi impegnati nella prevenzione e nel trattamento delle complicanze materne e fetali in gravidanza, vede anche la presenza e il patrocinio di AMD che proprio su questo tema ha recentemente dato vita al progetto “Giunone 3.0”.

“Le complicanze per la mamma e il bambino indotte dal diabete possono essere molto serie”, sottolinea Domenico Mannino, Presidente AMD e Presidente dei membri onorari italiani del Simposio. “Nel caso del diabete pre-gestazionale, il problema maggiore sono le gravidanze ‘a sorpresa’: una donna con diabete non controllato, che non sa di essere incinta, espone il bambino a un rischio di malformazioni, dovute alla glicemia e agli eventuali farmaci assunti (come statine e ace-inibitori), 10 volte superiore rispetto alla popolazione generale. Nel caso del diabete gestazionale, invece, l’innalzamento della glicemia nella mamma può portare a un eccessivo aumento di nutrienti al feto, che predispone a tagli cesarei, parti pretermine e ad altre serie complicanze della gravidanza. Il GDM, inoltre, successivamente al parto, aumenta il rischio di sviluppare diabete tipo 2, perché la fisiopatologia delle due malattie è la stessa”.

“Il consiglio fondamentale per le donne diabetiche è quello di programmare la gravidanza”, evidenzia Graziano Di Cianni, tra i Presidenti del Comitato scientifico del Simposio. “Per quelle che invece ricevono una diagnosi di diabete gestazionale, occorre impegnarsi nel percorso di gestione della patologia, affidandosi a un team diabetologico, e partorire in strutture dotate di Terapia Intensiva Neonatale. L’importanza del desiderio di maternità nella sfera affettivo-emotiva della donna, del partner e dell’entourage familiare ci ha spinto a sviluppare un progetto formativo specifico, ‘Giunone 3.0. Aggiornamento su diabete e gravidanza’, volto ad approfondire gli effetti del diabete sulla gravidanza, le possibili implicazioni e complicanze e i metodi per prevenire eventi indesiderati, pesanti in termini di costi umani e sociosanitari. Il progetto sta riscuotendo molto successo ed è una delle esperienze che AMD ha voluto condividere con colleghi di diverse specialità, provenienti da tutto il mondo, nell’ambito di quest’importante evento di aggiornamento scientifico”.

“Nonostante già nel 1989, l’Organizzazione Mondiale della Sanità avesse fissato l’obiettivo di rendere la gravidanza diabetica uguale, come esiti, a quella delle donne sane, entro l’inizio degli anni 2000, il diabete in gravidanza resta ancora oggi un problema aperto. Negli ultimi anni l’outcome della gravidanza nelle donne che hanno problemi di diabete è molto migliorato, ma ci sono margini su cui lavorare. Ad esempio, nell’ambito dello screening del diabete gestazionale, che viene eseguito nel corso del secondo trimestre.  Secondo le linee guida italiane, le donne con grandi fattori di rischio, come una grave obesità, che hanno già avuto GDM alla gravidanza precedente e con alterata glicemia, dovrebbero essere sottoposte a screening già alla 14-16a settimana, per diagnosticare la patologia il prima possibile e poterla monitorare in modo rigoroso. Queste pazienti, inoltre, andrebbero seguite con particolare attenzione, anche dopo il parto, per aiutarle a intervenire sui fattori correggibili ed evitare che sviluppino diabete tipo 2”, conclude Di Cianni.

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