Covid, lo studio: tra moglie e marito bassi tassi di contagio 

Marito e moglie possono stare (abbastanza) sereni: condividere il letto e praticare una regolare attività sessuale non rappresenterebbe un grave rischio Covid. E’ quanto emerge da uno studio condotto da Altamedica Medical Center di Roma, che ha valutato la trasmissione del virus Sars-CoV-2 in 40 cluster familiari composti da 110 membri (80 genitori e 30 figli) che hanno vissuto a stretto contatto con coniugi affetti da Covid-19 durante il lockdown. La trasmissione del virus tra i due coniugi è stata rilevata mediante test sierologico per valutare la presenza di IgM e IgG specifiche per il virus. 

Nel 65% dei nuclei familiari (26 famiglie) valutati è stata identificata una trasmissione del virus tra i due coniugi, mentre il restante 35% (14 famiglie) ha riportato la presenza di un test sierologico negativo nell’altro coniuge, dunque la trasmissione del Sars-CoV-2 tra i due coniugi non è stata identificata, anche se il 71% (10 famiglie su 14) non ha mantenuto alcun distanziamento in casa. Inoltre, solo due figli (entrambi maschi), rispettivamente di 22 e 30, anni sono stati contagiati dal genitore affetto, mentre i restanti 28 figli tra 1 e 30 anni non hanno contratto il virus.  

“La valutazione dell’outbreak di Covid-19 in cluster familiari apre nuove questioni sulla trasmissione virale – spiega Claudio Giorlandino, ginecologo, direttore scientifico del Gruppo sanitario Altamedica e direttore generale dell’Italian College of Fetal Maternal Medicine – La quarantena non sembra aver protetto i nuclei familiari più di quanto già la virulenza faccia di per sé stessa”. 

“Dai dati è emerso che nel 35% delle famiglie i coniugi, pur vivendo insieme, dormendo nello stesso letto, respirando la stessa aria e mangiando dalle stesse portate, non hanno trasmesso il virus al compagno e tantomeno ai figli. Dunque l’intimità non fa male, anzi nel cluster ambulatoriale esaminato sembrerebbe addirittura protettiva per chi si contagia dal partner poiché non manifesta sintomatologia. Questo apre a una considerazione: oltre al distanziamento sociale – sottolinea – ci vuole buonsenso. Se il contagio non è matematico nella stessa famiglia non lo sarà neanche in strada, ammesso di entrare in contatto con un positivo. Inoltre, chi non manifesta sintomi” sembra “poco infettivo e anche in caso di contagio il virus sarà poco aggressivo”.  

Nel dettaglio, dallo studio emerge che tra le 26 famiglie con trasmissione virale fra i due coniugi si è registrata la presenza del virus in 10 donne e 16 uomini. Solo 10 coniugi affetti da Covid-19 ha mostrato la presenza di sintomi (modesti), mentre gli altri 16 sono risultati asintomatici. Il distanziamento familiare è stato attuato solo in 2 famiglie su 26. Tra i 12 figli conviventi in queste 26 famiglie solo uno è risultato essere positivo al test sierologico, in particolare in una delle famiglie in cui non si sono adottate misure di distanziamento.  

Le 14 famiglie con mancata trasmissione virale, composte da 6 donne affette e 8 uomini affetti e i rispettivi coniugi, hanno vissuto in casa con 18 figli (10 maschi e 8 femmine) tra 1 e 30 anni, risultati negativi al test sierologico. Tra queste 14 famiglie solo 4 hanno mantenuto il distanziamento in casa dopo la comparsa dei primi sintomi, quali febbre e anosmia. Le restanti 10, malgrado la presenza in 4 di un coniuge paucisintomatico, hanno deciso di non adottare norme di distanziamento in casa, condividendo quindi lo stesso letto e utilizzando gli stessi spazi. Il mancato distanziamento in casa, concludono i ricercatori, è stato riportato anche nelle ultime 6 famiglie in cui i pazienti erano completamente asintomatici.  

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