Coronavirus, al San Paolo di Milano primi due dimessi da Terapia intensiva 

Fuori dall’incubo Covid-19 che toglie il respiro. Dopo circa 10 giorni di ventilazione meccanica, dal reparto di Terapia intensiva dell’ospedale San Paolo di Milano sono stati dimessi i primi due pazienti colpiti dal nuovo coronavirus. Entrambi uomini, 49 e 55 anni, stanno meglio. Sono “vigili, collaboranti”, spiegano dalla struttura, e hanno “una gran voglia di tornare a casa. Ma per ora è presto, terapie farmacologiche e riabilitazione respiratoria sono indispensabili in questa fase della malattia”.  

Gli ospedali dell’Asst Santi Paolo e Carlo, dopo il dilagare dei contagi a Codogno, sono stati tra i primi presidi milanesi ad attrezzarsi per combattere la pandemia di Sars-CoV-2, ricorda l’azienda. Da subito sono stati messi a disposizione 9 letti di terapia intensiva al San Paolo e 13 al San Carlo, oggi tutti occupati. Oggi ne saranno attivati altri 4 ed entro i primi giorni della prossima settimana altri 16 al San Carlo, tutti per pazienti Covid. 

L’età media degli attuali ricoverati varia dai 55 ai 75 anni e il tasso di mortalità si è attestato intorno al 20-30%. Nella Terapia intensiva del San Paolo questi malati vengono sedati, addormentati e intubati per essere assistiti meccanicamente. Nelle prime fasi il paziente è in anestesia generale – spiegano dall’ospedale in una nota – quindi non sente, non vede e non parla. E’ totalmente dipendente da una macchina, questo ventilatore purtroppo diventato famoso. Una volta arrivati in questi reparti vengono supportate le funzioni vitali per dare tempo all’organismo, che ha ingaggiato una grossa battaglia contro l’infezione non localizzata solo al polmone ma che può estendersi anche ad altri organi, per dare tempo al singolo organismo di reagire. 

“Il nostro è un lavoro di supporto per favorire la guarigione del malato perché a tutt’oggi non esiste un trattamento – dichiara Davide Chiumello, direttore della struttura di Anestesia e Rianimazione del San Paolo – Offriamo il meglio delle cure a ogni paziente. Tutti sono curati”. 

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