Boehringer Ingelheim: possedere un cane giova ai pazienti affetti da BPCO

Secondo un’indagine di Boehringer Ingelheim, per molti pazienti il cane rappresenta una motivazione ad uscire di casa e ad organizzare le proprie attività

Secondo una recente indagine Censis in Italia vivono 53,1 animali da compagnia ogni 100 abitanti, e nel 52% delle abitazioni italiane è presente almeno un animale domestico. In particolare, gli italiani possiedono 7 milioni di cani. Partendo da questi presupposti, Boehringer Ingelheim ha realizzato un’indagine conoscitiva mirata ad analizzare quale sia il beneficio di possedere un cane nelle persone affette da una malattia cronica e invalidante come la Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO).

Stando a quanto emerso dall’analisi di di Boehringer Ingelheim,vivere con un animale domestico è un’esperienza frequente ma sono disponibili pochi dati sugli effetti che questo può avere sulla salute dell’uomo.

I dati disponibili suggeriscono come possedere un animale domestico possa avere potenziali benefici sia dal punto di vista fisico, che psicologico.  In particolare, prendersi cura di un cane può essere associato ad un aumento dell’attività fisica, a un minor rischio cardiovascolare, ad una riduzione dei livelli di ansia, paura e solitudine.  (Cherniack, 2014)

La ricerca è stata condotta da Doxapharma, che ha selezionato due gruppi di pazienti affetti da BPCO di grado moderato (100 possessori di cane e 100 no), omogenei per età, sesso, scolarità, composizione del nucleo familiare, situazione lavorativa, zona e ampiezza del Comune di residenza. Tutti i soggetti dovevano avere un punteggio > 10 al questionario COPD Assessment Test (CAT), uno strumento suggerito dalle Linee Guida Internazionali per ottenere una valutazione completa dei sintomi della BPCO e del loro impatto sulla vita quotidiana.

La survey ha investigato le differenze sull’aspetto emotivo, le attività e l’impegno quotidiano e l’impatto della malattia tra i due gruppi intervistati.

La maggior parte degli intervistati si occupa quotidianamente della gestione dell’animale, dal cibo (91%), alle passeggiate (67%), al gioco (58%).

“L’attività fisica – ha dichiarato il Professor Fulvio Braido, medico specialista in malattie respiratorie presso l’Università di Genova – è sempre raccomandata nei pazienti BPCO. La ricerca clinica ha dimostrato, infatti, che i pazienti che svolgono regolarmente attività fisica hanno meno dispnea e tosse, una migliore funzionalità polmonare e capacità di esercizio e maggior forza durante le riacutizzazioni indipendentemente dalla gravità di base della patologia.”

Il fatto di possedere un cane è riconosciuto come un fattore che influenza positivamente il benessere soggettivo: il 70% degli intervistati riferisce, infatti, ricadute positive sulle esperienze emotive, il 62% sulla salute fisica e il 39% su quella mentale.

Prendersi cura del cane impegna e coinvolge il paziente in diversi momenti della giornata, lo spinge ad essere attivo, ad uscire di casa e ad aumentare le occasioni di contatto con le altre persone – ha dichiarato la Dottoressa Ilaria Baiardini, Psicologa e Psicoterapeuta ad orientamento cognitivista, che collabora con l’Università di Genova –   Si tratta di azioni che aiutano a prevenire la sedentarietà, e il senso di isolamento e solitudine spesso presenti in chi è anziano e soffre di patologie croniche. Il beneficio è riconosciuto come significativo dai pazienti stessi: il cane migliora la componente fisica e quella mentale, ed ha un effetto sulla vita emotiva. I limiti riferiti non riguardano tanto l’impegno o i costi legati al fatto di possedere un cane, ma alla preoccupazione di non poter avere l’animale al proprio fianco. Il cane vive spesso dentro casa (nell’89% dei casi), da un periodo prolungato (in media 5.6 anni) e il rapporto tra padrone ed animale non si limita alla routine della passeggiata, dell’alimentazione, dell’igiene e della cura. Il cane diventa un componente della famiglia (spesso l’unico), sempre presente, con cui condividere gesti, routine ed emozioni”.

Per molti pazienti il cane rappresenta una motivazione ad uscire di casa (66%), ad organizzare le proprie attività quotidiane (38%), a rimanere in forma (35%) e ad assumere i farmaci (27%) per stare bene e poter prendersi cura dell’animale, non solo nutrendolo e facendogli fare movimento, ma anche prestando attenzione alla sua salute, con attività di prevenzione (soprattutto nei confronti di parassiti come zecche e pulci), oltre che di cura, nel caso sopraggiunga una patologia. Inoltre, la maggior parte degli intervistati (91%) riferisce che il cane aumenta le possibilità di entrare in relazione con altre persone.

In pazienti che convivono con i limiti imposti loro dalla presenza di una patologia cronica, il cane diventa un fattore che influenza la motivazione e contribuisce a dare un senso alla giornata – sottolinea Ilaria Baiardini – Abitudini alle quali probabilmente si tenderebbe a rinunciare, vengono mantenute grazie al fatto di possedere un cane. Si tende, così, ad essere più attivi e a prendersi cura di sé stessi grazie al cane. Anche la vita sociale ne risente, in persone che a causa dell’età e della presenza di una o più patologie croniche sono più a rischio di avere una rete sociale fragile e di sentirsi soli.

I risultati dell’indagine di Boehringer Ingelheim hanno evidenziato come non ci fossero differenze tra i due gruppi per quanto riguarda il numero di farmaci assunti per la BPCO, né per l’impatto dei sintomi sulla vita quotidiana (CAT).

Tuttavia, l’analisi di Boehringer Ingelheim ha mostrato come chi possiede un cane, rispetto a chi non lo possiede, abbia una minore probabilità (-25%) di avere più riacutizzazioni durante l’anno e una maggiore probabilità (più del doppio) di svolgere un’attività fisica regolare.

“Il dato – dice Fulvio Braido – è estremante interessante e pone lo spunto per nuove ricerche. Ricalca, infatti, i risultati di una recente pubblicazione che ha evidenziato come pazienti avviati ad un training outdoor avevano, dopo tre mesi di trattamento, una migliore qualità della vita e un ridotto numero di riacutizzazioni rispetto ai pazienti che eseguivano un training al cicloergometro”.

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