Vaccino Pfizer, leader Ue divisi su distribuzione 10 milioni di dosi

Vaccino Pfizer al centro di un dibattito piuttosto “emotivo” in Consiglio Europeo sulla distribuzione delle 10 milioni di dosi che verranno consegnate in anticipo, nel secondo trimestre 2021, anziché più avanti nel corso dell’anno come era previsto originariamente. Alcuni Paesi dell’Est Europa, insieme all’Austria, che hanno puntato più su AstraZeneca e che ora si trovano in difficoltà, spingono perché queste dosi aggiuntive non vengano distribuite pro quota in base alla popolazione, perché in questo modo “non verrebbe colmato il gap” che si è venuto a creare tra i diversi Stati dell’Ue. Lo riferisce all’Adnkronos una fonte diplomatica europea. La questione della distribuzione di questi 10 mln di dosi viene discussa da qualche tempo nello Steering Committee, dove i Paesi si mettono d’accordo, insieme alla Commissione, sui vaccini anti-Covid, che l’Ue ha ordinato centralmente, per conto degli Stati membri che li hanno poi acquistati. Il problema nasce dal fatto che in origine, mentre la Commissione raccomandava di distribuire le dosi esclusivamente in base alla popolazione, gli Stati membri hanno introdotto elementi di flessibilità, in base alla situazione epidemiologica e ad altri fattori.  

In questo modo, come ha spiegato la dg alla Salute Sandra Gallina in commissione Cont all’inizio di questa settimana, è successo che non pochi Paesi, quando si è trattato di compilare gli ‘order form’, gli ordinativi alle aziende, hanno scelto di comprare meno dosi di alcuni vaccini di quelle alle quali avrebbero avuto diritto, in base alla popolazione. Questa tendenza, piuttosto diffusa, ha messo in difficoltà la Commissione, perché trattava con le case farmaceutiche per grandi quantitativi di vaccini, altrimenti non sarebbe stata “interessante” per le case farmaceutiche. A colmare il gap e “assorbire” l’inoptato sono stati alcuni Paesi, tra cui la Germania, che ha comprato 30 mln di dosi del vaccino di Pfizer/BioNTech, una decisione che ha fruttato a Berlino l’accusa di aver esulato dallo schema Ue, quando invece, assorbendo dosi che altri Stati non volevano, ha permesso alla Commissione di chiudere i contratti a condizioni vantaggiose per tutti. Risultato: ci sono diversi Paesi, inclusa l’Austria di Sebastian Kurz, che hanno puntato più su AstraZeneca che su altri vaccini. 

Va ricordato che all’epoca gli Stati compravano vaccini che ancora non c’erano e che i sieri a m-Rna, i più innovativi e anche i più costosi, erano guardati con un certo sospetto. Sulla carta, il vaccino AstraZeneca presentava diversi vantaggi, a partire dal costo (il prezzo è una frazione dei preparati a m-Rna, più cari) e dalla maggiore ‘maneggevolezza’ (non deve essere conservato in supercongelatori). Come ha detto il presidente francese Emmanuel Macron a fine gennaio ad alcuni media internazionali, “quello che nessuno aveva previsto è che i vaccini che funzionano meglio erano i più complicati”. In pratica, è come dire che “ci vuole più tempo a produrre una Twingo di una Tesla, che non avevamo mai prodotto prima”. Il guaio è che AstraZeneca, sul cui vaccino diversi Paesi si erano orientati in misura maggiore, ha tagliato brutalmente le consegne all’Ue, mancando finora tutti gli obiettivi previsti dai contratti, a differenza di Pfizer/BioNTech e Moderna che invece stanno onorando gli impegni, come ha detto Gallina. 

Nel secondo trimestre dovrebbero arrivare all’Ue anche 55 mln di dosi del vaccino Janssen (J&J), ma la casa Usa inizierà a consegnare solo nella seconda metà di aprile, oltre un mese dopo l’ok dell’Ema e della Commissione. La speranza è che con la casa Usa non si ripeta il disastro AstraZeneca. La presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen ha raccomandato ai Paesi di distribuire i 10 mln di dosi aggiuntive di Pfizer/BioNTech ai Paesi che si trovano più in difficoltà. Anche l’Austria lo è, non oggi ma in prospettiva. Da parte del cancelliere Sebastian Kurz non è stato posto “alcun veto” alla proposta della Commissione, spiega la fonte, e anche “un altro leader” ha eccepito sulla proposta della Commissione e della presidenza portoghese.  

“Non c’è nessun Paese che dice di non voler aiutare affatto – continua la fonte – e tutti otterranno qualcosa di quei 10 mln”, ma se verranno distribuiti “nella maniera giusta, saranno sufficienti a colmare il differenziale”. Se invece venissero distribuiti “pro rata”, allora “nessun gap verrebbe colmato”. I 10 mln di dosi dovrebbero essere distribuiti non tutti ai Paesi che si sono trovati in difficoltà, ma in modo da colmare i gap, attuali e futuri. In linea di principio, “vogliamo che tutti i Paesi vaccinino allo stesso ritmo”, quindi i differenziali andrebbero colmati, nell’interesse di tutti. Ora, continua la fonte, “bisognerà vedere come andrà la discussione. Non mi aspetto un dibattito sui numeri oggi: la questione è se menzioneranno la questione della distribuzione nella dichiarazione finale (nella bozza circolata ieri non se ne fa cenno, ndr) oppure se non verrà citata e verrà demandata allo Steering Group per concluderla il prima possibile”. 

Alcuni Paesi, inclusa l’Austria, stanno spingendo per includere un accenno alla questione della distribuzione delle dosi nella dichiarazione finale. Ma “se i 10 mln vengono distribuiti nella maniera giusta non servirà un meccanismo di correzione” nella distribuzione delle dosi, spiega la fonte. “Tutti sperano che vengano sistemati quei 10 mln prima del Consiglio Europeo, nella maniera giusta”, prosegue, ma se verranno distribuiti “in base alla popolazione i gap rimarranno”. L’Austria, a differenza di altri Paesi, non ha gap attuali nelle dosi, ma li avrà in futuro, nel secondo trimestre, e per questo spinge per modificare la proposta preparata dalla Commissione e dal Consiglio. Ma non è il solo Paese che avrà gap nel prossimo trimestre. 

“Se tutti avessero lo stesso portafoglio – osserva la fonte – non ci sarebbero gap. Ma c’era flessibilità e i gap ci sono”, perché gli Stati non prevedevano che AstraZeneca non avrebbe rispettato il contratto. E alcuni Paesi hanno comprato più dosi di AstraZeneca rispetto ad altri, che invece hanno puntato maggiormente sui vaccini a m-Rna. Quindi, la richiesta dell’Austria, che non è isolata, è di modificare la proposta in modo da coprire non solo i differenziali attuali, ma anche quelli futuri, per evitare di dover tornare a discutere della questione. E’ vero che alcuni Paesi hanno puntato di più su AstraZeneca, ma è anche vero che non potevano prevedere che la multinazionale anglosvedese consegnasse una frazione di quanto si era impegnata a fare. Si tratta di “un problema europeo”, rileva la fonte, ma al momento “il dibattito è molto emotivo”, perché con la pandemia di Covid-19 che imperversa, spinta anche dalla diffusione delle varianti del Sars-CoV-2, e con le dosi di vaccino che scarseggiano un po’ dappertutto, non è politicamente facile per un capo di governo spiegare ai suoi concittadini che ha rinunciato a delle dosi in favore di altri Paesi. “Vediamo come va la discussione”, conclude la fonte. 

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