“Terapie intensive raddoppiano in 15 giorni”, l’allarme 

Gli anestesisti lanciano l’allarme sul rischio di un raddoppio dei ricoveri in terapia intensiva entro 15 giorni se i dati nazionali continueranno a salire. “Se guardiamo i report ufficiali e costruiamo una proiezione, visto che quello che vediamo oggi come ricoveri è il frutto di un contagio di 15-20 giorni fa, possiamo aspettarci tra 15 giorni un raddoppio dei ricoveri in terapia intensiva. Siamo alla spia arancione che va verso il rosso”. Lo afferma all’Adnkronos Salute Alessandro Vergallo, presidente di Aaroi-Emac, il sindacato degli anestesisti e rianimatori. “Oggi il tempo di raddoppio dei ricoveri in rianimazione è 9-10, infatti siamo passati in breve da 200 pazienti a circa 1000 (ma forse saranno superati a breve perché ieri erano 992 quelli occupati) – prosegue Vergallo – tra due settimane saremo a 2mila se la progressione non si ferma”.  

Secondo l’Aaroi-Emac, “la situazione è preoccupante ma ancora gestibile perché il rapporto tra ricoveri ospedalieri Covid non in terapia intensiva e in terapia intensiva è di circa 10 a 1 su scala nazionale, diciamo che ogni 13-14 positivi ricoverati uno ha necessità di supporto respiratorio”.  

Su quanto fatto per incrementare i posti letto nei reparti di terapia intensiva, il sindacato ricorda che sono “stati creati 1.500 nuovi posti rispetto ai 6.500 totali, tenuto conto però di una cosa fondamentale: quelli reali sono stati creati nelle Regioni colpite dalla prima ondata, Lombardia, Emilia-Romagna e Veneto. Mentre in Campania, Puglia e Lazio si è intervenuto meno. Ora sono queste ultime le Regioni in difficoltà”.  

E’ proprio dalla Campania “che ci arrivano le segnalazioni più allarmanti”, sottolinea Vergallo. “In questa Regione stanno finendo i posti letto in ospedale per pazienti Covid – avverte – Questo, a quanto ci risulta, perché chi è positivo preferisce passare la quarantena in ospedale piuttosto che a casa. Se vengono saturati quei posti, il rischio è che dobbiamo subentrare noi ma è chiaro che non ci compete il paziente che non è in condizioni critiche”.  

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