Covid, isolamento positivi a 3 giorni: cosa dicono Bassetti, Ricciardi, Gismondo

(Adnkronos) – Dopo l’annuncio del ministro della Salute Orazio Schillaci, che in conferenza stampa post Cdm lunedì scorso ha fatto presente che sono in corso riunioni scientifiche anche sulla questione dell’isolamento dei positivi a Covid, si riaccende il dibattito sulla misura e su quale debba essere il suo destino. Fra le ipotesi sembra ci sia anche la riduzione dagli attuali cinque giorni a tre giorni con tampone negativo, secondo indiscrezioni di stampa. Ma cosa ne pensano gli esperti? A rispondere sono Bassetti, Ricciardi, Gismondo, Lopalco, Pregliasco. 

“Io mi auguro che si arrivi non alla riduzione della quarantena per i positivi al Covid, ma alla completa eliminazione. Credo che si debba necessariamente cambiare approccio su questo virus, levare l’obbligo di isolamento è lo strumento per una maggiore normalizzazione della convivenza con il virus. Spero di essere ascoltato, peraltro è stato già fatto in altri Paesi” Così all’Adnkronos Salute Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. Come fare, allora? Secondo l’infettivologo, “chi è positivo può uscire di casa con la mascherina Ffp2 oppure dopo 48 dalla scomparsa dei sintomi, a prescindere dal tampone, magari mantenendo l’uso della mascherina per qualche giorno”. Per Bassetti, a questo punto della pandemia “tutto dipende da quanti tamponi facciamo e oggi ne facciamo troppi inutili, dobbiamo tornare a un uso appropriato dei test, altrimenti abbiamo tante persone isolate e che creano problemi importanti. Va cambiato – conclude – l’impianto base nella gestione del Covid, meno tamponi, meno isolamento e più semplificazione”. 

“Nella gestione dell’isolamento delle persone contagiate da Covid, il faro da seguire è rappresentato dai dati scientifici. Nel momento in cui dovesse emergere con certezza che non si è più contagiosi dopo un determinato periodo di tempo, l’isolamento potrà essere adeguato”, spiega quindi all’Adnkronos Salute Walter Ricciardi, docente di igiene all’Università Cattolica. “Il concetto fondamentale – sottolinea – è che, per limitare la circolazione del virus ed evitare il rialzo di ondate pandemiche, è necessario che le persone infettive e contagiose rimangano a casa fino a quando non rischiano più di infettare gli altri. Se ci sono lavori scientifici seri che dimostrano questo, ben venga la riduzione dell’isolamento. Ma al momento non mi pare ci siano”. 

Per i positivi a Covid-19 “dobbiamo assolutamente avviarci verso i 2-3 giorni di isolamento, non di più”. Maria Rita Gismondo, direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica delle bioemergenze dell’Ospedale Sacco di Milano, spiega all’Adnkronos Salute che l’ipotesi di rivedere il periodo di quarantena per i contagiati, è “assolutamente da prendere in considerazione”. “Se il virus continuerà a produrre questa bassa patologia”, ribadisce l’esperta, l’infezione da Sars-CoV-2 va considerata “al pari di un’influenza” almeno per le persone senza particolari fragilità. “Dovremmo allora prevedere un isolamento anche per chi contrae un’influenza?”, si domanda Gismondo.  

“Tre giorni di isolamento per i positivi a Sars-CoV-2 sono davvero pochini. Negli Stati Uniti, che sono stati da sempre i più ‘liberali’ in questo campo, si segue l’indicazione dei 5 giorni di isolamento, sempre a patto che non ci siamo sintomi e la febbre sia passata da almeno 24 ore”, sottolinea quindi all’Adnkronos Salute l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, docente di Igiene all’università del Salento. L’isolamento, precisa, “è una misura che si applica a tutte le malattie infettive. Se avremo prove solide che il periodo di contagiosità si riduce – magari con le prossime varianti e con l’aumento dell’immunizzazione della popolazione – sicuramente il periodo di isolamento si potrà accorciare”. 

“In ogni caso, per quanto riguarda la tempistica dell’isolamento, concordo che si debba cominciare a parlarne”, commenta all’Adnkronos Salute il virologo Fabrizio Pregliasco. “Però vediamolo dopo questa potenziale onda di risalita” dei contagi, prospettata dalle previsioni “nell’inverno”, avverte. Per il docente di Igiene dell’università Statale di Milano, comunque “ci sta” che ci si muova “per renderlo più realistico e attuabile, perché oggi sicuramente molte persone non si fanno registrare e non attuano comunque questo isolamento. Quindi ben venga come prospettiva” quella di una modifica, “come step via via da attuare”, conclude. 

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