Covid, Guerra: “Non ho censurato studio Oms su piano pandemico” 

“Non avevo motivo e nemmeno l’autorità” per censurare lo studio dell’Organizzazione mondiale della sanità in cui si denunciavano le carenze del piano pandemico italiano. Sono le parole di Ranieri Guerra, direttore generale aggiunto dell’Oms, in un’intervista alla ‘Stampa’. A chiamarlo in causa era stato il funzionario Oms Francesco Zambon, uno dei curatori del report pubblicato online e ritirato nel giro di 24 ore, lo scorso maggio. “Se anche avessi voluto, non avrei avuto il potere di intervenire su Zambon, che dipende da Copenaghen e non da Ginevra”, si difende Guerra che definisce “infondate” le voci di un sollevamento dal suo incarico in Oms. “Da Ginevra nessuno mi ha chiesto nulla, ma se il direttore Ghebreyesus dovesse chiamarmi per chiedermi di farmi da parte, non avrei nessun problema a farlo”, assicura.  

Tornando a Zambon, “nell’Oms – prosegue – c’è un meccanismo interno di protezione del personale: se si è sentito oggetto di minacce o pressioni, avrebbe potuto fare ricorso seguendo le procedure istituzionali. Con lui c’è sempre stato un rapporto di correttezza e, direi, amicizia, non capisco il perché di queste accuse. Ho tutta la nostra corrispondenza via mail che prova ciò che dico”. “Nessuno scontro”, per Guerra, “solo una divergenza di opinioni, dato che avevo proposto che il ministero della Salute italiano venisse informato prima della pubblicazione del rapporto, come atto di cortesia. Zambon mi ha risposto che non riteneva necessario fare questo passaggio istituzionale”.  

Guerra racconta che da Ginevra gli è stato “chiesto di visionare il rapporto, per verificare la correttezza di dati e informazioni. Dopo averlo fatto, a due ore dalla pubblicazione, ho dato suggerimenti per correggere una serie di imprecisioni. Molte delle mie osservazioni sono state recepite, compresa quella riguardante il riferimento alla vigenza del piano per la pandemia influenzale, che infatti è presente nel documento pubblicato, anche se con l’anno sbagliato”. Il problema, dice Guerra, era “sottolineare che un piano vigente c’era, per cui sarebbe stato scorretto ignorarlo, e che prevedeva certe prescrizioni che sarebbero state probabilmente utili per le fasi iniziali di questa pandemia, pur non essendo questo un virus influenzale”.  

Guerra spiega anche che il piano pandemico “viene aggiornato in due casi: una differente situazione epidemiologica riguardante i virus influenzali e nuove linee guida diffuse dall’Oms. Il primo punto è rimasto invariato dal momento della stesura, nel 2006, mentre il secondo è cambiato nel 2018, con tre nuovi documenti Oms, e una raccomandazione dell’Ente europeo per il controllo delle malattie del novembre del 2017”. L’esperto ribadisce che “prima di andare via, nell’ottobre 2017”, aveva “allertato il ministro”, allora alla Salute c’era Beatrice Lorenzin, “sulla necessità di un aggiornamento del piano, sulla base delle linee guida in arrivo. Poi ci sono state le elezioni, un nuovo governo, non so se è stato fatto”. 

Ma comunque, osserva, “spesso si prende ad esempio il piano pandemico della Svizzera, aggiornato al 2018: io sono in Svizzera e posso assicurare che non è messa meglio dell’Italia. Nessun paese europeo lo è”. Quanto alla carenza di mascherine e dispositivi di protezione che ha caratterizzato i primi tempi dell’emergenza Covid, “in questa seconda ondata, in cui abbiamo tutti gli strumenti e le contromisure, cosa è cambiato?”, si chiede Guerra. “Il virus sta comunque causando migliaia di casi, con una letalità invariata rispetto alla prima ondata”. Nel rapporto sparito, continua l’esperto, “ritenevo ci fossero degli ottimi spunti e proprio io ho provato a farlo sopravvivere, proponendo che due esperti dell’Istituto superiore di sanità si affiancassero ai colleghi di Venezia per correggere le imperfezioni e ripubblicare il documento così migliorato nel giro di un paio di giorni”. 

Non è avvenuto perché così “hanno deciso a Copenaghen”. E il fatto che l’Oms abbia chiamato in causa l’immunità diplomatica, impedendo ai tecnici di andare in procura a Bergamo “non è questione di mancanza di trasparenza” ma “una procedura ben precisa, che si applica sempre in questi casi, data l’appartenenza istituzionale e i trattati internazionali”, sostiene Guerra. “Se poi il singolo vuole andare a parlare con i magistrati, in veste privata può farlo, come per l’appunto ho fatto io e, immagino, anche Zambon”, conclude l’esperto definendosi “vittima di una manipolazione dei fatti, di un’amplificazione mediatica artificiosa che utilizza anche comunicazioni private. Ma vado avanti finché non sarà ristabilita la verità”.  

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