Covid, Arcuri attacca “chi in tv diceva che virus era finito” 

“Ero inorridito davanti all’irresponsabilità di chi andava in tv a dire che virus non ci era più”. Così Domenico Arcuri, commissario straordinario per il potenziamento delle infrastrutture ospedaliere necessarie a fronteggiare l’emergenza Covid-19, intervenuto all’evento #FaiCisl, sul tema del ruolo del sindacato nelle sfide del futuro.  

Arcurio affronta anche altri temi, di natura economica. “Il primo draft del Recovery plan non è stato elaborato definitivamente perché l’Unione europea ci ha detto che può essere presentato fino a novembre. Siamo già avanti nell’elaborazione ma ci prendiamo tutto il tempo che ci è stato dato”, dice. “La più grande riforma che va fatta e anche in fretta, non ha comunque a che fare con il recovery. Bisognerebbe fare in modo che tutti gli italiani imparino ad avere rispetto del tempo. Da questo passa l’efficienza di un Paese. Per fare un’opera pubblica con più di 100 milioni di euro di valore non possono volerci 15 anni, con 8 trascorsi senza depositare la prima pietra”, prosegue poi il commissario straordinario. 

“Non ci sarà nessun Recovery plan salvifico finché non impareremo a rispettare il tempo. Anche la burocrazia va ripensata. A marzo 2020 in Italia non si produceva nessun dispositivo di protezione individuale. Solo in Emilia-Romagna una piccola fabbrica si occupava di ventilatori per le terapie intensive. Oggi produciamo 30 milioni di mascherine al giorno e siamo autosufficienti per quanto riguarda i ventilatori. Questo è successo in 4 mesi. Il che vuol dire che gli italiani sono talmente bravi che, se liberati dalla burocrazia, danno un contributo che nessun altro al mondo può garantire. Dobbiamo tornare a fare politica industriale”, conclude Arcuri.  

 

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