Coronavirus, tamponi: ecco chi ha la priorità  

“L’esecuzione dei test va assicurata agli operatori sanitari e assimilati a maggior rischio, sulla base di una sua definizione operata dalle aziende sanitarie, tenute ad effettuarla quali datori di lavoro”. E’ quanto evidenzia una nuova circolare della direzione generale della Programmazione sanitaria del ministero della Salute, che riporta un aggiornamento delle indicazioni sui test diagnostici per il Covid-19 sulla base delle valutazione del Comitato tecnico scientifico della Protezione civile. 

“L’esecuzione del test diagnostico – si ricorda – va riservata prioritariamente ai casi clinici sintomatici/paucisintomatici e ai contatti a rischio familiari e/o residenziali sintomatici, focalizzando l’identificazione dei contatti a rischio nelle 48 ore precedenti all’inizio della sintomatologia del caso positivo o clinicamente sospetto così come indicato nella circolare n. 9774 del 20/03/2020. Per garantire la sua efficacia nella strategia di ricerca dei casi e dei contatti, l’esecuzione del test deve essere tempestiva”. 

In caso di “necessità, ad esempio per accumularsi di campioni da analizzare con ritardi nella risposta, carenza di reagenti, impossibilità di stoccaggio dei campioni in modo sicuro, sovraccarico lavorativo del personale di laboratorio, si raccomanda di applicare, nell’effettuazione dei test diagnostici, criteri di priorità, raccomandati dall’Oms e dalla Eucomm e adattati alla situazione italiana” è l’indicazione della nuova circolare. 

Ecco a chi va data priorità:  

– pazienti ospedalizzati con infezione acuta respiratoria grave, per fornire indicazioni sulla gestione clinica, incluso l’eventuale isolamento del caso e l’uso di appropriati Dispositivi di protezione individuale, come indicato nella circolare del 22 febbraio 2020; 

– tutti i casi di infezione respiratoria acuta ospedalizzati o ricoverati nelle residenze sanitarie assistenziali (Rsa) e nelle altre strutture di lunga degenza, in considerazione del fatto che ivi risiedono i soggetti esposti al maggior rischio di sviluppare quadri gravi o fatali di Covid-19. Tale esecuzione è effettuata quale parte di un programma di controllo e prevenzione all’interno della strutture stesse e non può essere considerata come l’unica misura di controllo dell’infezione. Sulla base delle risultanze, vengono adottate misure di controllo delle infezioni adeguate e Dpi appropriati per proteggere sia le persone vulnerabili che il personale dedicato all’assistenza; 

– operatori sanitari esposti a maggior rischio (compreso il personale dei servizi di soccorso ed emergenza, il personale ausiliario e i tecnici verificatori), per tutelare gli operatori sanitari e ridurre il rischio di trasmissione nosocomiale; operatori dei servizi pubblici essenziali sintomatici, anche affetti da lieve sintomatologia per decidere l’eventuale sospensione dal lavoro; operatori, anche asintomatici, delle Rsa e altre strutture residenziali per anziani.  

E ancora, persone a rischio di sviluppare una forma severa della malattia e fragili, come persone anziane con comorbidità quali malattie polmonari, tumori, malattie cerebrovascolari, insufficienza cardiaca, patologie renali, patologie 5 epatiche, ipertensione, diabete e immunosoppressione con segni di malattia acuta respiratoria, che possono richiedere ospedalizzazione e cure ad alta intensità per Covid-19; ivi incluse le persone vulnerabili, quali le persone che risiedono in residenze per anziani, dovrebbero essere particolarmente fatti oggetto di attenzione; 

– primi individui sintomatici all’interno di comunità chiuse per identificare rapidamente i focolai e garantire misure di contenimento. Se la capacità di esecuzione dei test è limitata, tutti gli altri individui che presentano sintomi possono essere considerati casi probabili e isolati senza test supplementari. 

Inoltre, “nei laboratori autorizzati per le analisi dei tamponi, la presentazione di campioni afferenti a personale sanitario dovrà ottenere priorità assoluta e la comunicazione del risultato dovrà avvenire in un arco di tempo massimo di 36 ore” ribadisce la nuova circolare.  

Fra gli aggiornamenti delle indicazioni relative alla diagnosi di laboratorio, si specifica che ormai “viene richiesto il solo invio di un numero rappresentativo di campioni clinici al Laboratorio di riferimento nazionale all’Istituto superiore di sanità, previo accordo, al fine di monitorare l’epidemiologia molecolare di Sars-Cov-2”. 

 

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