Coronavirus, ricercatrici Sacco: “Virus italiano non è più patogeno di quello cinese”  

“Il virus italiano presenta differenze nel genoma” rispetto a quello cinese, ma “ci aspettiamo siano differenze minime. Ogni virus in ogni singola persona ha i suoi ‘tatuaggi’, ovvero è distinguibile. Ma non ci aspettiamo che sia più patogeno di quello cinese”. Lo ha detto a ‘Mezz’ora in più’, in onda su Rai3, Claudia Balotta, immunologa a capo del team di ricercatrici precarie che all’ospedale Sacco di Milano, lavorando giorno e notte, hanno isolato il ceppo italiano del nuovo coronavirus.  

L’immunologa fa poi una riflessione: “Le donne sono molto intuitive, studiano tanto e hanno una forte dedizione al lavoro che fanno, anche se non trascurano gli altri aspetti della vita come la famiglia e fare figli. Tutto questo però non può continuare così. Vogliamo che il lavoro sia incentivato attraverso le stabilizzazioni”.  

“Noi in questo lavoro ci abbiamo messo la nostra mente, le nostre conoscenze, e ci abbiamo messo anche tanto cuore – evidenzia Balotta – Perché abbiamo fatto un lavoro veramente molto pesante e nelle prossime settimane ci aspetterà qualcosa di molto simile. Abbiamo già raccolto il materiale dei pazienti e lo studio tassativamente andrà avanti a ritmi molto alti. Vorremmo che tutto questo domani non fosse dimenticato. Perché l’epidemia si chiuderà ma queste problematiche rimarranno”.  

Il precariato lungo e sostenuto “non è un evitare che i cervelli vadano via”, evidenzia Alessia Lai, una delle 3 scienziate precarie del laboratorio del Sacco in prima linea nello studio sul nuovo coronavirus. “Il problema è proprio questo: si va all’estero per la precarietà, per cercare stabilità”. “Ci ricordiamo del precariato – ribadisce Balotta – solo quando abbiamo le emergenze internazionali o personali. Allora vorremmo essere più supportati dal lavoro di ricerca, ma tutto questo dovrà essere affrontato in ben altro modo in futuro e non sporadicamente”.  

 

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